Superfici nazionali a mais sempre più in calo
L’Italia sta sottovalutando la riduzione di superfici coltivate che in questi anni sta interessando una coltura strategica come il mais e rischia di aggravare la sua dipendenza dall’estero.
Per superare tale crisi, le aziende sementiere puntano a sostenere gli importanti investimenti nel nostro Paese sullo sviluppo di varietà nelle classi di maturità specifiche per le nostre condizioni agroclimatiche e sulla formazione della propria rete di professionisti sul territorio che sappiano orientare interventi agronomici mirati così da esprimere al massimo il potenziale produttivo e la redditività della coltura. È quanto emerge dall’intervento di Gianluca Fusco, in rappresentanza della Sezione colture industriali di Assosementi, l’Associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, nel corso della tavola rotonda «Mais italiano: che mercato ci aspetta?», tenutasi ieri a Bergamo durante la Giornata del Mais, promossa dal CREA, Unità per la maiscoltura di Bergamo.
Secondo le indicazioni della Sezione colture industriali, la contrazione delle superfici coltivate a mais nel 2015 è stata ancora più accentuata rispetto alle statistiche ufficiali dell’ISTAT: poco più di 800.000 ettari rispetto a 1 milione di ettari circa accertati da ISTAT.
Le intenzioni di semina diramate questi giorni da ISTAT prevedono per il 2016 un calo delle superfici del 3,9% per mais da granella e addirittura un aumento del 2,6% per il mais da foraggio. «Temiamo un ulteriore calo delle superfici anche per il 2016, con conseguenti ricadute negative sulla filiera agroalimentare Made in Italy – ha dichiarato Fusco a margine del convegno. Il rischio che potremmo correre è quello di non disporre di mais italiano per sorreggere produzioni DOP di punta come prosciutti e formaggi. È quindi necessaria una forte collaborazione tra tutti gli attori di questo settore per trovare soluzioni adeguate che permettano a questa coltura di tornare a essere al centro di una agricoltura a cui offre ancora enormi possibilità”.
Il mais rappresenta una preziosa risorsa economica per il nostro Paese: è alla base dell’alimentazione zootecnica da carne e da latte, nonché la materia prima di uno dei nostri piatti della tradizione, la polenta. Sta inoltre acquisendo sempre più valore, assieme al riso, nelle diete gluten-free. Il 2% della produzione nazionale di mais è destinata al settore alimentare.
L’Italia sta sottovalutando la riduzione di superfici coltivate che in questi anni sta interessando una coltura strategica come il mais e rischia di aggravare la sua dipendenza dall’estero.
Per superare tale crisi, le aziende sementiere puntano a sostenere gli importanti investimenti nel nostro Paese sullo sviluppo di varietà nelle classi di maturità specifiche per le nostre condizioni agroclimatiche e sulla formazione della propria rete di professionisti sul territorio che sappiano orientare interventi agronomici mirati così da esprimere al massimo il potenziale produttivo e la redditività della coltura. È quanto emerge dall’intervento di Gianluca Fusco, in rappresentanza della Sezione colture industriali di Assosementi, l’Associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, nel corso della tavola rotonda «Mais italiano: che mercato ci aspetta?», tenutasi ieri a Bergamo durante la Giornata del Mais, promossa dal CREA, Unità per la maiscoltura di Bergamo.
Secondo le indicazioni della Sezione colture industriali, la contrazione delle superfici coltivate a mais nel 2015 è stata ancora più accentuata rispetto alle statistiche ufficiali dell’ISTAT: poco più di 800.000 ettari rispetto a 1 milione di ettari circa accertati da ISTAT.
Le intenzioni di semina diramate questi giorni da ISTAT prevedono per il 2016 un calo delle superfici del 3,9% per mais da granella e addirittura un aumento del 2,6% per il mais da foraggio. «Temiamo un ulteriore calo delle superfici anche per il 2016, con conseguenti ricadute negative sulla filiera agroalimentare Made in Italy – ha dichiarato Fusco a margine del convegno. Il rischio che potremmo correre è quello di non disporre di mais italiano per sorreggere produzioni DOP di punta come prosciutti e formaggi. È quindi necessaria una forte collaborazione tra tutti gli attori di questo settore per trovare soluzioni adeguate che permettano a questa coltura di tornare a essere al centro di una agricoltura a cui offre ancora enormi possibilità”.
Il mais rappresenta una preziosa risorsa economica per il nostro Paese: è alla base dell’alimentazione zootecnica da carne e da latte, nonché la materia prima di uno dei nostri piatti della tradizione, la polenta. Sta inoltre acquisendo sempre più valore, assieme al riso, nelle diete gluten-free. Il 2% della produzione nazionale di mais è destinata al settore alimentare.