Difesa dalle malerbe

Dannosità delle malerbe

Nelle colture di mais, le maggiori perdite produttive sono causate dall’incontrollata presenza delle infestanti durante i primi periodi di coltivazione e, per alcune specie annuali (Sicyos, Xanthium ecc.) e perenni (Convolvulacee, Sorghum halepense da rizoma ecc.), anche in stadi più avanzati di sviluppo della coltura. La competizione inizia a essere elevata quando il ritmo di crescita delle malerbe supera quello del mais, con perdite produttive variabili dal 30 al 70%, in funzione della densità e della natura delle infestazioni, nonché della tecnica colturale adottata e delle condizioni pedoclimatiche. Oltre ai danni da competizione, alcune infestanti come Sicyos angulatus possono ostacolare le operazioni di raccolta, oppure inquinare gli insilati quando la coltura è infestata da essenze tossiche come Datura stramonium.

Evoluzione della tecnica colturale e implicazioni relative alla lotta alle malerbe

Il mais viene coltivato prevalentemente nei terreni più sciolti della Pianura Padana, soprattutto a nord del fiume Po, dove si concentra la maggior parte della produzione nazionale sia per la granella sia per l’insilato. Le coltivazioni sono in genere irrigue e spesso si effettuano abbondanti spandimenti di letame e di liquame. Per questi motivi, insieme a un’ottima tecnica colturale, i livelli produttivi sono quasi unici al mondo, con una rotazione che spesso vede il mais in monosuccessione. Un tempo, prima dell’avvento degli erbicidi chimici intorno agli anni ’60, le malerbe venivano contenute quasi unicamente con mezzi meccanici, zappature e scerbature manuali. Con il ricorso agli erbicidi, l’onere della manodopera si è drasticamente ridimensionato e le produzioni sono vistosamente aumentate. Le più recenti tecniche di coltivazione del mais prevedono semine più precoci rispetto al passato, cominciando dai primi di marzo e addirittura, in alcuni casi, nel bresciano, da fine febbraio. Le ragioni di questo anticipo vanno ricercate nell’aumento delle rese, in un minore stress idrico per la pianta nel periodo critico della fioritura, in una maggiore possibilità di ridurre l’incidenza di attacchi di piralide (2a generazione) e nell’umidità alla raccolta tendenzialmente minore. Per contro con questa tecnica si è registrata una maggiore diffusione di infestanti presenti in altre colture (grano, bietola) quali Polygonum aviculare, Fallopia convolvulus, Veronica spp., Matricaria chamomilla, Stellaria media, Papaver rhoeas e Alopecurus myosuroides. Inoltre, la coltura impiega un periodo più lungo per raggiungere lo stadio nel quale si possa applicare il diserbo di postemergenza, mentre le infestanti, spesso caratterizzate da minori esigenze termiche, possono competere con maggiore successo in questa fase iniziale. I trattamenti di pre-emergenza in questo contesto debbono pertanto garantire una maggiore residualità e durata d’azione, affinché le giovani piante di mais vengano protette dalla competizione durante le prime fasi di sviluppo.

Tecniche di lotta alle malerbe

Accanto alla pratica del diserbo chimico e nell’ambito di una più complessa lotta integrata ma anche biologica alle malerbe, non è stata trascurata in questi ultimi anni nemmeno la sperimentazione di altre pratiche, come il diserbo localizzato, il pirodiserbo e le sarchiature meccaniche, con scarsi risultati se non effettuate a integrazione dei più economici interventi chimici.

Gestione agronomica. Un’appropriata tecnica di gestione agronomica della coltura permette di migliorare le condizioni di crescita del mais a discapito dello sviluppo delle malerbe. Un aspetto fondamentale risulta l’adozione di una corretta e razionale rotazione colturale, che permette di ottenere una flora infestante maggiormente diversificata e meno competitiva, oltre alla riduzione della presenza di semi nel terreno e a una migliore gestione del contenimento delle malerbe di più difficile eliminazione, in particolare quelle a ciclo perenne. Un’altra pratica adottata è quella della cosiddetta “falsa semina”, che consiste nell’affinare e preparare anticipatamente il terreno come se si dovesse effettuare la semina, allo scopo di favorire l’emergenza delle malerbe dai primi strati del suolo. In seguito, una volta che le malerbe sono nate, si procede alla devitalizzazione delle stesse mediante una lavorazione superficiale, o meglio con l’applicazione di un disseccante fogliare, prima di passare alla semina vera e propria della coltura.

Gestione meccanica. Una buona gestione meccanica delle malerbe non può prescindere da una corretta esecuzione delle lavorazioni principali, che permettono di effettuare un miglior contenimento delle infestanti a ciclo perenne. Successivamente, occorre effettuare una corretta preparazione del letto di semina, ma soprattutto sono le sarchiature eseguite in condizioni di tempera del terreno a migliorare la tecnica di lotta diretta alle malerbe.

Gestione biologica. La gestione delle coltivazioni biologiche presuppone l’adozione di tutte quelle pratiche che non contemplano l’utilizzo di mezzi chimici di sintesi, tra cui gli erbicidi. In questi ultimi anni si è assistito a una sensibilizzazione pubblica verso la produzione di prodotti biologici, e per questo sono state impostate anche alcune coltivazioni biologiche di mais dove, per il contenimento delle malerbe, si adottano quasi esclusivamente pratiche agronomiche e meccaniche, con il ricorso a strigliature, sarchiature e rincalzature direttamente sulla coltura in atto, nonché ad altri mezzi fisici, come per esempio il pirodiserbo.

Gestione chimica. La continua evoluzione della flora infestante costituita prevalentemente da specie annuali graminacee e dicotiledoni, da alcune specie perenni e dalla cosiddetta flora di sostituzione, ha contribuito a fare ulteriormente progredire in questi ultimi anni le tecniche di lotta alle infestanti del mais, valorizzando nuove soluzioni nei trattamenti di pre-emergenza e post-emergenza precoce e modificando ampiamente i criteri di intervento con i nuovi prodotti di post-emergenza per individuare più razionali e sicure strategie di diserbo.

Diffusione della tecnica di diserbo chimico

Si stima che attualmente almeno il 98% della superficie coltivata a mais venga diserbata, di cui quasi il 90% in pre-emergenza e la parte restante solo in post-emergenza con un unico intervento o due applicazioni frazionate. Su circa il 30% della superficie trattata in pre-emergenza vengono successivamente effettuati interventi integrativi di post-emergenza.

Strategie di diserbo chimico

La tendenza ad anticipare la semina del mais di circa un mese, rispetto a quanto si verificava in passato, aumenta la durata del periodo critico in cui il mais è soggetto alla competizione delle infestanti. Pertanto si presenta la necessità di allungare il periodo di azione preventiva dei trattamenti di pre-emergenza in conseguenza del ritardo dello sviluppo delle malerbe a nascita primaverile-estiva rispetto all’emergenza della coltura. Per poter eseguire le sarchiature in tempo utile è necessario intervenire alle 4-5 foglie del mais, quando ancora non è terminata la nascita delle intestanti più tardive (Amaranthus, Abutilon ecc.) o non sono ancora pienamente sviluppate quelle perenni (Convolvulus, Sorghum, Equisetum), per cui i risultati dei trattamenti di post-emergenza possono essere insufficienti. In queste condizioni sono maggiormente valorizzati i trattamenti di pre-emergenza con complesse miscele di prodotti ad azione complementare graminicida e dicotiledonicida, che consentono una maggiore persistenza d’azione, in particolare grazie all’apporto di terbutilazina, la cui degradazione è più lenta rispetto a tutti gli altri erbicidi impiegati nel diserbo del mais. L’anticipo dell’epoca di semina ha inoltre aumentato la competizione sulla coltura delle infestazioni di poligonacee, che un tempo erano più specificamente problematiche per la barbabietola da zucchero, accentuando l’importanza dell’impiego della terbutilazina nel diserbo preventivo del mais, in quanto unico principio attivo in grado di contenere efficacemente in pre-emergenza le infestazioni di Fallopia convolvulus. In tale contesto, una corretta impostazione delle strategie di diserbo presuppone di effettuare applicazioni di pre-semina, dove vengono utilizzati con finalità disseccanti i prodotti ad azione totale che agiscono rapidamente anche a basse temperature, oltre a glufosinate ammonio, con funzioni prettamente dicotiledonicide e autorizzato anche per gli impieghi di pre-emergenza ritardata su semine molto precoci. Più diffusamente, ed esclusivamente in pre-semina, si ricorre all’impiego del devitalizzante sistemico glifosate, disponibile nelle numerose formulazioni di sali isopropilamminici, che si avvantaggiano dell’addizione estemporanea di solfato ammonico, o in quelle a più rapido assorbimento come i sali di ammonio che ne hanno minore necessità. Tuttavia il diserbo vero e proprio inizia con gli interventi selettivi che, grazie all’ampia possibilità di diverse scelte tecniche e alla numerosa disponibilità di principi attivi, possono essere effettuati mediante differenti strategie che si possono distinguere in due grandi categorie: – programmi di pre-emergenza in cui il trattamento avviene prima della nascita della coltura e delle infestanti. In questo tipo di strategia vengono utilizzati erbicidi che penetrano a livello delle radici o del colletto in modo da impedire la germinazione e l’emergenza delle malerbe. Si utilizzano erbicidi ad ampio spettro d’azione o miscele di erbicidi con spettro complementare; – programmi di post-emergenza in cui il trattamento erbicida viene eseguito dopo l’emergenza della coltura e delle infestanti. Vengono utilizzati erbicidi a penetrazione principalmente fogliare, scelti in base alla flora avventizia effettivamente presente. Possono essere effettuati anche per completare l’azione diserbante di un trattamento di pre-emergenza non andato a buon fine. I programmi di pre-emergenza, di più consolidata tradizione nel diserbo del mais, hanno avuto in passato, e stanno tuttora subendo un costante processo evolutivo, dovuto alla proibizione di alcune molecole dal consolidato utilizzo, e all’introduzione di nuove, dotate di caratteristiche eco-tossicologiche più favorevoli, che si prestano a sostituirle. I vantaggi di questo tipo di strategia stanno nella possibilità di intervenire in condizioni favorevoli per quanto riguarda la portanza del suolo, in modo da assicurare una prolungata azione di contenimento delle malerbe, che invece non sempre è possibile con applicazioni più ritardate, in caso di andamenti climatici piovosi. Il successo di questo tipo d’intervento è dovuto principalmente alle condizioni del suolo, in quanto gli erbicidi utilizzati sono assorbiti per via radicale o a livello di ipocotile (dicotiledoni) o coleoptile (graminacee), e la loro attività si realizza quando sono disponibili nella soluzione circolante e possono essere assorbiti dalle infestanti; in condizioni di scarsa umidità del terreno essi sono invece adsorbiti dai colloidi e quindi non disponibili per esplicare la loro azione devitalizzante. Questo implica la necessità di almeno un evento piovoso in seguito all’esecuzione del trattamento, per permettere agli erbicidi di raggiungere la soluzione circolante. Grazie alle doti di persistenza degli erbicidi utilizzati e al loro spettro d’azione, in molti casi, utilizzando le miscele di principi attivi più appropriate, è possibile contenere l’infestazione con un solo intervento diserbante di pre-emergenza, seguito da sarchiature o rincalzature meccaniche quando la coltura giunge allo stadio di 6-7 foglie. La scelta dei principi attivi e delle dosi di applicazione viene eseguita in base alle caratteristiche del terreno, alle caratteristiche chimico-fisiche dei principi attivi stessi in relazione all’epoca di semina e al tipo di infestazione da combattere, non solo nei primi stadi di sviluppo del mais ma anche in tempi successivi. In terreni in cui è possibile effettuare la normale preparazione dei letti di semina risultano più convenienti i tradizionali trattamenti di pre-emergenza con miscele di prodotti residuali. Generalmente si ricorre a miscele triplici di graminicidi residuali con dosi medie di terbutilazina e, secondo le necessità, di isossaflutolo che, oltre a completare l’azione dicotiledonicida, ne aumentano sensibilmente anche quella graminicida, consentendo di eseguire in molti casi un solo intervento diserbante, seguito da sarchiature o rincalzature meccaniche quando la coltura giunge allo stadio di 6-7 foglie. Nel caso in cui, per problemi legati al timore di danni alle colture di successione, si intenda evitare l’utilizzo della terbutilazina, occorre optare a favore di programmi che prevedano più passaggi di cui uno in pre-emergenza e il secondo in post-emergenza sulle infestanti residue; a seconda del tipo di terreno, delle condizioni climatiche e del tipo di infestazione prevista, si potrà scegliere tra un intervento risolutivo in pre-emergenza da completare poi con un intervento mirato sulle poche malerbe rimaste in post-emergenza, o invece un preemergenza a efficacia parziale, per gestire poi le infestanti residue con una più risolutiva e complessa miscela di post-emergenza. Per quanto riguarda gli interventi preventivi, essi possono essere eseguiti con miscele comprendenti un graminicida residuale quale alaclor, S-metolaclor, flufenacet, dimetenamide-p o acetoclor, un componente dicotiledonicida quale pendimetalin contro le infestazioni di Solanum e Chenopodium, ma anche di graminacee come Setaria e Panicum, ulteriormente addizionato di isossaflutolo, efficace oltre che nei confronti di Abutilon, anche su molte altre infestanti dicotiledoni. Tra i dicotiledonicidi, in alternativa a pendimetalin è possibile applicare in pre-emergenza anche aclonifen, in grado di rafforzare l’attività delle miscele nei confronti di poligonacee e soprattutto amarantacee, chenopodiacee e crucifere. Se il pre-emergenza così effettuato non ha garantito un controllo ottimale dell’infestazione presente, le infestanti residue verranno eliminate con un trattamento in post-emergenza, modulato in base alle effettive malerbe presenti. Questa soluzione permette di contenere anche le infestazioni di Sorghum halepense da rizoma, di altre infestanti di difficile controllo in pre-emergenza senza l’utilizzo di terbutilazina, come Fallopia convolvulus, e ancora delle specie perenni (Convolvulus arvensis e Calystegia sepium). Le miscele di principi attivi sono modulate in base alle infestanti effettivamente presenti, inserendo una solfonilurea graminicida per eliminare Sorghum halepense da rizoma e le altre graminacee residue, un prodotto ormonosimile come dicamba o fluroxipir per contenere Convolvulus arvensis e Calystegia sepium, e un prodotto a scelta tra prosulfuron, bromoxinil, dicamba e fluroxipir per eliminare le infestanti poligonacee compresa Fallopia convolvulus. Una strategia di pre + post-emergenza può essere impostata dove siano presenti dicotiledoni difficili (Abutilon, Datura, Xanthium, Sicyos ecc.) e/o in presenza di perenni sia monocotiledoni (Sorghum da rizoma o Cyperus) sia dicotiledoni (Convolvulus, Calystegia). I trattamenti di post-emergenza, un tempo eseguiti per il contenimento delle sole dicotiledoni difficili, grazie all’ampia gamma di principi attivi commercializzati nell’ultimo decennio, permettono ora di risolvere le situazioni di inerbimento più difficili, adattando la scelta dei diserbanti alle infestazioni realmente presenti all’atto dell’intervento. Il trattamento di post-emergenza risulta efficace quando, oltre alla scelta del principio attivo, venga effettuata una scelta oculata della dose d’applicazione in funzione dello stadio di sviluppo delle infestanti da eliminare. Per il successo di questo tipo di trattamento bisogna tenere conto delle condizioni climatiche al momento dell’esecuzione e nelle ore immediatamente successive. Temperatura e luminosità elevate e bassa umidità relativa dell’aria determinano la formazione di una cuticola più spessa e meno permeabile, favoriscono il disseccamento del deposito erbicida sulle foglie e quindi riducono il tempo utile per la penetrazione e di conseguenza l’efficacia del trattamento. Viceversa, temperature miti e un’elevata umidità relativa mantengono la cuticola meno spessa, prolungano il tempo di disseccamento del deposito erbicida sulla superficie fogliare e favoriscono la traslocazione. Nel caso di erbicidi ad applicazione fogliare, pioggia e vento costituiscono sempre elementi negativi. Quando si prevedono trattamenti di post-emergenza le strategie possibili sono le seguenti: – su terreni preparati anticipatamente per la semina o destinati alla semina su sodo, viene normalmente eseguito un trattamento preliminare con devitalizzanti quali glifosate, con il vantaggio di eliminare nei terreni torbosi, come anche in quelli più argillosi, le nascite di graminacee invernali, Fallopia, Polygonum aviculare, Veronica ecc., che risultano più difficili da eliminare con i soli trattamenti di post-emergenza. Questi ultimi, in relazione al grado d’infestazione, possono essere eseguiti in 1 o 2 applicazioni con miscele di prodotti dicotiledonicidi e graminicidi, con un primo intervento alle 2-3 foglie e un secondo alle 6-7 foglie del mais, per eliminare le infestanti residue e principalmente quelle a nascita più scalare. Se si prevede una sola applicazione, questa verrà posizionata alla 3a-6a foglia del mais; – nei terreni a elevato contenuto di sostanza organica, in cui la residualità dei principi attivi risulta insufficiente, il diserbo si basa sull’esecuzione di soli trattamenti di post-emergenza, che nei terreni più infestati da specie annuali e perenni devono comprendere 2 applicazioni, la prima eseguita alle 3-4 foglie del mais e la seconda alle 6-7 foglie in relazione alla presenza di infestanti perenni. Sono indicati nei terreni torbosi, disformi e molto infestati da specie annuali e perenni a nascita precoce e scalare. Grazie all’ampia gamma di prodotti utilizzabili per il diserbo del mais è oggi possibile gestire la flora infestante attraverso programmi di diserbo che prevedono soli trattamenti di post-emergenza. Quando si esegue la semina su sodo, o in terreni a elevato contenuto di sostanza organica, il programma di diserbo comprende un trattamento con devitalizzanti fogliari come glifosate in pre-semina seguito da due interventi erbicidi in post-emergenza, l’uno effettuato in epoca precoce alle 2-3 foglie della coltura, e il successivo alle 6-8 foglie. In post-emergenza precoce è quindi opportuno scegliere i graminicidi residuali meno dipendenti dall’umidità del terreno per la loro attivazione, e miscelarli con dosi ridotte di isossaflutolo o del più selettivo mesotrione che per la sua attività su Digitaria ed Echinochloa e per la sua persistenza d’azione è indicato a completare lo spettro d’azione del graminicida residuale, salvaguardando maggiormente la selettività sulla coltura; in alternativa è possibile applicare anche la miscela preformulata di pendimetalin + dicamba. Il secondo intervento verrà eseguito in funzione dell’infestazione scegliendo i principi attivi più adatti a eliminare le infestanti presenti. A questo doppio intervento si può a volte sopperire, in terreni caratterizzati da infestazioni non eccessive di specie annuali e in presenza normale di specie perenni (Sorghum, Convolvulus ecc.) e ruderali (Xanthium), con un solo trattamento di post-emergenza alla 3a-6a foglia del mais. Negli interventi di post-emergenza, i componenti delle miscele diserbanti vengono scelti considerando le condizioni pedoclimatiche e in particolare l’infestazione presente. Nel caso di infestazioni difficili e diffuse, l’associazione di una solfonilurea graminicida con un trichetone, completata da un principio attivo ormonosimile a scelta tra dicamba o fluroxipir, o in alternativa ai due da bromoxinil, costituisce una miscela che, applicata in condizioni climatiche favorevoli e con piante in uno stato di turgore vegetativo ottimale, è in grado di risolvere in un unico intervento di post-emergenza alle 4-6 foglie del mais i più complessi problemi d’inerbimento della coltura. In presenza di elevate infestazioni di difficile contenimento costituite da poligonacee, Ammi, ruderali e perennanti si possono impiegare miscele solfoniluree graminicide e dicotiledonicide e trichetoni, che per una più rapida azione possono essere sostituite da bromoxinil. Le infestazioni di media intensità e con malerbe non eccessivamente sviluppate possono essere contenute con l’applicazione di miscele di una solfonilurea graminicida associata a dicamba + fluroxipir, dicamba + bromoxinil o fluroxipir + bromoxinil. Infine, contro infestazioni più semplici possono essere impiegate miscele di dicamba e nicosulfuron, o la miscela preformulata di rimsulfuron e dicamba.

Tratto da: “Il mais” – Coltura & Cultura, AA.VV., Script Edizioni

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