Aflatossine: una criticità con tanti fattori da controllare
Una formula che possa mettere al sicuro gli agricoltori dal problema micotossine (aflatossine e fumonisine in primis) ad oggi non c’è, ma la corretta gestione dei fattori produttivi quali epoca di semina, scelta varietale, irrigazione, stoccaggio ed essicazione delle granaglie può permettere una significativa riduzione della contaminazione. Questo, in estrema sintesi, quanto emerso dal seminario tecnico che Confagricoltura Piacenza ha organizzato sul tema martedì 30 agosto.
Paola Battilani – Professore Associato della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università Cattolica di Piacenza – ha spiegato come i funghi principalmente micotossigeni sul mais siano molto suscettibili a condizioni ecologie differenti. «Sul mercato – ha detto l’esperta – non esistono ibridi resistenti ma le varietà a ciclo breve sono più
esposte a rischio aflatossine mentre quelle a ciclo lungo alle fumonisine. Ciò dipende non tanto dalla varietà in sé quanto dall’epoca di maturazione della pianta e dal fatto che le varietà a ciclo breve non vengono irrigate.
Una corretta e buona irrigazione può ridurre la contaminazione da aflatossine dal 15 all’80%. I modelli previsionali attualmente disponibili si basano
fondamentalmente sul monitoraggio dell’acqua contenuta nella pianta. Davvero interessante anche il riferimento ad una nuova metodica messa a punto grazie alle ricerche dalla docente che utilizza la diffusione di funghi non tossigeni per contrastare le micotossine ponendoli in competizione biologica ed utilizzando il sorgo come vettore. «Questa metodica – ha detto Battilani – porta a risultati tanto più positivi quanto più si verificano le condizioni ideali per sviluppare le aflatossine. È chiaro – ha concluso la Battilani – che essendo le micotossine un fenomeno naturale non è possibile azzerarne la comparsa».
Sui rischi effettivi per l’uomo è intervenuto il professor Giuseppe Bertoni, già Direttore Istituto di Zootecnica della Facoltà di Scienze Agraria Università Cattolica di Piacenza. «La dieta – ha detto – va intesa non solo come tipo di cibo ma contemplando anche lo stile di vita. Quantità e
combinazione dei cibi ne determinano la funzionalità. Con i parametri achat cialis generique attuali, un uomo si espone a un rischio per la salute, bevendo latte contaminato da aflatossine se ne assume 28 litri al giorno per un periodo prolungato».
Di autocontrollo, rintracciabilità di filiera e controlli ufficiali ha invece parlato il veterinario Augusta Balli che non ha mancato di evidenziare come, anche grazie all’impegno sindacale, siano state recepite alcune istanze finalizzate a rimuovere modalità applicative delle norme che nella nostra regione risultano particolarmente gravose rispetto alla vicina Lombardia. Presente alla serata anche la dottoressa Norma Arrigoni che è intervenuta sottolineando la disponibilità dell’Istituto Zooprofilattico: «Faremo l’analisi delle aflatossine in giornata con prova accreditata –
ha detto -. È un’esigenza del territorio alla quale riusciremo a dare risposta».
Filippo Gasparini – Presidente Sezione di Prodotto Lattiero-Casearia di Confagricoltura Piacenza – tracciando le conclusioni ha ribadito come
l’aspetto normativo «ci deve vedere impegnati anche sindacalmente».
Il dibattito tra i presenti non ha mancato di evidenziare come la salubrità dei prodotti debba essere una priorità, ma la disparità delle leggi, ad esempio rispetto agli Stati Uniti, dove il limite massimo di aflatossina M1 nel latte è 10 volte superiore al parametro europeo, ponga i nostri produttori in svantaggio competitivo.
Una formula che possa mettere al sicuro gli agricoltori dal problema micotossine (aflatossine e fumonisine in primis) ad oggi non c’è, ma la corretta gestione dei fattori produttivi quali epoca di semina, scelta varietale, irrigazione, stoccaggio ed essicazione delle granaglie può permettere una significativa riduzione della contaminazione. Questo, in estrema sintesi, quanto emerso dal seminario tecnico che Confagricoltura Piacenza ha organizzato sul tema martedì 30 agosto.
Paola Battilani – Professore Associato della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università Cattolica di Piacenza – ha spiegato come i funghi principalmente micotossigeni sul mais siano molto suscettibili a condizioni ecologie differenti. «Sul mercato – ha detto l’esperta – non esistono ibridi resistenti ma le varietà a ciclo breve sono più
esposte a rischio aflatossine mentre quelle a ciclo lungo alle fumonisine. Ciò dipende non tanto dalla varietà in sé quanto dall’epoca di maturazione della pianta e dal fatto che le varietà a ciclo breve non vengono irrigate.
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fondamentalmente sul monitoraggio dell’acqua contenuta nella pianta. Davvero interessante anche il riferimento ad una nuova metodica messa a punto grazie alle ricerche dalla docente che utilizza la diffusione di funghi non tossigeni per contrastare le micotossine ponendoli in competizione biologica ed utilizzando il sorgo come vettore. «Questa metodica – ha detto Battilani – porta a risultati tanto più positivi quanto più si verificano le condizioni ideali per sviluppare le aflatossine. È chiaro – ha concluso la Battilani – che essendo le micotossine un fenomeno naturale non è possibile azzerarne la comparsa».
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ha detto -. È un’esigenza del territorio alla quale riusciremo a dare risposta».
Filippo Gasparini – Presidente Sezione di Prodotto Lattiero-Casearia di Confagricoltura Piacenza – tracciando le conclusioni ha ribadito come
l’aspetto normativo «ci deve vedere impegnati anche sindacalmente».
Il dibattito tra i presenti non ha mancato di evidenziare come la salubrità dei prodotti debba essere una priorità, ma la disparità delle leggi, ad esempio rispetto agli Stati Uniti, dove il limite massimo di aflatossina M1 nel latte è 10 volte superiore al parametro europeo, ponga i nostri produttori in svantaggio competitivo.