Il mais è una coltura da rinnovo a semina primaverile che riceve in genere lavorazioni del terreno profonde e elevate concimazioni.
Lascia inoltre elevate quantità di residui colturali alla raccolta.
Lo schema tradizionale prevede l’inserimento del mais in rotazione con grano e colture miglioratrici. Il cereale vernino infatti si avvantaggia della fertilità residua derivante dalle abbondanti concimazioni normalmente effettuate su mais, e quest’ultimo trae giovamento dai miglioramenti chimico-fisici indotti dalle colture miglioratrici quali leguminose da foraggio o da granella (erba medica, trifoglio violetto o ladino, soia, pisello, veccia).
E’ una pianta dotata di un sistema radicale potente, e può essere impiegata con buoni risultati come prima coltura dopo una radicale sistemazione agraria dei terreni.
La disponibilità di mezzi tecnici ha determinato la tendenza a semplificare l’ordinamento colturale, abbandonando il prato e affidandosi ad avvicendamenti liberi, di soli cereali o con mais in monosuccessione.
Ciò, per quanto possa nascere da esigenze di bilancio (qualora la coltura del mais sia la più conveniente) o da esigenze organizzative (aziende cerealicolo-zootecniche in cui la cerealicoltura è funzionale all’alimentazione del bestiame e allo smaltimento dei reflui), induce una serie di problematiche quali il peggioramento del bilancio dei nutrienti in rapporto alla concimazione, il più difficile controllo delle malerbe, una più difficile prevenzione indiretta delle fitopatie e degli insetti dannosi (es.Diabrotica virginifera virginifera), un maggior sviluppo di specie fungine fitopatogene o micotossigene, un peggioramento della struttura del terreno, oltre che un maggior impatto ambientale e un incremento dei costi derivante da un più massiccio impiego di mezzi tecnici.